Lo studio è stato condotto dal dipartimento di Psicologia dell’Università dello Stato dell’Arizona negli USA ed ha messo in relazione cultura ed ambiente.
“Paese che vai, usanze che trovi”, non è così? O meglio: non è ancora così? Perché effettivamente il fenomeno contemporaneo della globalizzazione ha condotto ad un graduale e costante abbandono di usi e costumi tradizionali e locali, sostituendoli sempre più con l’adeguamento a mode e trend temporanei e passeggeri diffusi in forma particolarmente invasiva attraverso i mezzi di comunicazione di massa su scala planetaria.
Tuttavia non possiamo – per lo meno non ancora – parlare di un’assoluta “estinzione” di usanze tradizionali e peculiarità culturali che, per secoli e per millenni, hanno plasmato e caratterizzato la “personalità” dei territori del pianeta Terra popolati dalla specie umana: senz’altro sono quantitativamente meno oggi rispetto anche solo al secolo scorso, ma permangono saldamente ed in molti casi del tutto intatte.
Ed uno studio condotto dal dipartimento di Psicologia dell’Università dello Stato dell’Arizona negli USA ha cercato di capire perché siano emersi in forme spesso così dissimili tra le varie popolazioni della Terra. E, in particolare, in che modo l’ambiente ed i fattori ambientali possano aver causato le variazioni culturali nel mondo.
Lo studio ha rilevato un dettaglio particolarmente significativo: le popolazioni che vivono in condizioni ambientali simili dimostrano di sviluppare modelli culturali anch’essi assai simili tra di loro. Anche quando questi ambienti si trovino a distanze geografiche particolarmente significative: ad esempio, come nel caso della Polonia e del Perù.
I due Paesi, infatti, dimostrano caratteristiche culturali e socio-antropologiche assai simili pur essendo a migliaia di chilometri di distanza l’uno dall’altro: ad esempio, entrambe le loro popolazioni hanno aspettative di vita comparabili – 73,5 anni la Polonia e 75,2 il Perù – bassi livelli di rischio di contrarre malattie infettive e condividono numerosi valori culturali, tra cui l’indipendenza e la coesione sociale.
E secondo la ricercatrice Alexandra Wormley, una della co-autrici dello studio, tra le cause di queste similarità risultano fattori ambientali come, ad esempio, la piovosità del territorio, la temperatura media annuale e l’esposizione a malattie infettive. In particolare, ambienti storicamente esposti alle malattie infettive potrebbero ingenerare nella popolazioni l’inclinazione al conformismo ed alla chiusura verso l’esterno, proprio per inibire il più possibile la trasmissione di agenti patogeni.
Nonché, in caso contrario, influenzare il valore relativo all’uguaglianza di genere: ovvero in ambienti in cui la diffusione di malattie infettive sia meno diffusa, ecco che consegue una maggior tranquillità ed apertura verso l’esterno, e dunque anche verso l’altro, e ad una minor necessità di aggregarsi in nuclei che possano assumere forme prevalentemente patriarcali di organizzazione interna. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B ed è, secondo i ricercatori, solo un punto di partenza per ulteriori approfondimenti futuri.
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