Il futuro è chiaro: l’intelligenza artificiale è destinata ad avere un ruolo di primo piano. Ciò avrà un costo, anche per l’ambiente.
Mentre una parte di mondo si esalta per i possibili impieghi futuri dell’intelligenza artificiale, e un’altra teme le possibili catastrofi derivanti da un uso sempre più massiccio di sistemi automatizzati di questo tipo, c’è un dato a cui, forse, non si sta pensando nel modo giusto. E riguarda le implicazioni sull’ambiente.
Stiamo parlando dell’impronta ambientale che sta già avendo l’intelligenza artificiale. Molti vedono questi processi come un qualcosa mi puramente “astratto”, meccanico, invisibile. La realtà, però, è ben diversa. Andiamo a vediamo in concreto quanto inquina l’intelligenza artificiale.
Da una recente analisi condotta da El Pais a proposito di quanta energia, acqua e risorse naturali sono necessarie per mantenere attivi i processi delle applicazioni nel cloud, i dati sono allarmanti. Oramai l’intelligenza artificiale generativa (AI) sta entrando anche nelle app di messaggistica, nei motori di ricerca sul web, nelle e-mail, in qualsiasi editor di testo Il fattore su cui bisogna riflettere è che un maggiore uso di tali tecnologie significa la necessità di una grande potenza di calcolo, di sempre più spazio nei data center e anche un maggiore uso di risorse naturali. E, di conseguenza, maggiore produzione di inquinamento. E a poco serviranno azioni di greenwashing messi in campo dai colossi del settore.
Con l’arrivo di ChatGPT che oramai è realtà, e con l’uso sempre più massiccio dell’intelligenza artificiale per qualsiasi attività, le emissioni di carbonio nell’atmosfera nei prossimi anni sono destinate ad aumentare esponenzialmente. Questo perché l’IA generativa consuma molta più energia per funzionare di un semplice motore di ricerca, usa architetture basate su reti neurali e ciò comporta un maggiore assorbimento di energia.
Al momento di dati effettivi sulle emissioni di carbonio dovute all’uso di intelligenza artificiale non sono noti. Ci sono solo stime. Secondo Carlos Gómez Rodríguez, professore di Informatica e Intelligenza Artificiale: “l’addestramento del GPT3, il modello su cui si basa ChatGPT, avrebbe generato circa 500 tonnellate di carbonio” un dato che, a prima vista può sembrare da poco vista la spesa energetica. Bisogna tener presente, però, secondo l’esperto, la necessità di “riaddestrare” periodicamente il sistema per permettergli di aggiornarsi con i nuovi dati. E non dimentichiamo la fase di “archiviazione”.
Open I sta investendo molto e probabilmente presenterà altri modelli più avanzati di ChatGPT a basso consumo, in futuro. La soluzione al grande problema dell’inquinamento generato dai data center starebbe infatti nel ripensare dalla base la struttura su cui funziona l’intelligenza artificiale. Con meno parametri da seguire, e soprattutto prediligendo luoghi di addestramento in cui l’elettricità è generata dalle energie rinnovabili. Solo così si può sperare di non riversare nell’ambiente milioni di tonnellate di CO₂.
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